La metamorfosi - Lettera al padre by Franz Kafka

La metamorfosi - Lettera al padre by Franz Kafka

autore:Franz Kafka [Kafka, Franz]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2022-05-26T22:00:00+00:00


LETTERA AL PADRE

Schelesen1

Caro papà,

recentemente mi hai chiesto perché io affermi di avere paura di te. Come sempre non ho saputo risponderti, in parte proprio per la paura che provo nei tuoi confronti, in parte perché i particolari che concorrono a motivare questa paura sono troppi perché io riesca in qualche modo a metterli insieme in un discorso. E se ora provo a risponderti per iscritto, sarà comunque una risposta molto incompleta, perché anche nello scrivere mi intralciano la paura nei tuoi confronti e le sue conseguenze, e perché la vastità della materia supera di gran lunga la mia memoria e la mia intelligenza.

Tu hai sempre visto la questione in termini molto semplici, per lo meno per come ne hai parlato in mia presenza e, senza fare distinzioni, in presenza di terzi. Era pressappoco così: tu hai lavorato sodo per tutta la vita, sacrificando tutto per i tuoi figli, e in primo luogo per me, io di conseguenza ho fatto la “bella vita”, ho avuto piena libertà di studiare quello che volevo e non mi è mai mancato il pane, anzi non ho mai dovuto preoccuparmi di alcunché; tu in cambio non hai preteso riconoscenza, conosci bene la «riconoscenza dei figli», ma almeno una certa disponibilità, un segno di partecipazione; e invece io da sempre sono scappato da te, rifugiandomi nella mia stanza, tra i libri, da amici pazzi o in idee balzane; non ho mai parlato apertamente con te, nel tempio non ti sono venuto vicino, a Franzensbad2 non ti ho mai fatto visita, e in generale non ho mai avuto il senso della famiglia; non mi sono mai occupato del negozio e dei tuoi altri affari, ti ho scaricato sulle spalle la ditta e poi ti ho piantato in asso; ho appoggiato i capricci di Ottla,3 e mentre per te non muovo un dito (non ti procuro neanche un biglietto per il teatro), per gli amici faccio qualsiasi cosa. Riassumendo il tuo giudizio su di me, ne viene che tu di fatto non mi rinfacci qualcosa di indecoroso o malvagio (a eccezione forse del mio ultimo proposito di matrimonio),4 bensì freddezza, estraneità, ingratitudine. E precisamente me le rinfacci come se fosse colpa mia, come se, con un giro di timone, avessi potuto dare una direzione diversa alle cose, mentre tu al riguardo non hai la benché minima colpa, a parte quella di essere stato troppo buono con me.

Questo tuo modo abituale di presentare le cose lo ritengo corretto nella misura in cui anch’io credo che tu non abbia alcuna colpa della nostra estraneità. Ma nemmeno io ne ho. Se potessi indurti a riconoscere questo, allora sarebbe possibile, se non proprio una nuova vita, giacché siamo entrambi troppo vecchi, comunque una sorta di pace, non un cessare, ma per lo meno un attenuarsi dei tuoi continui rimproveri.

Incredibilmente tu hai una qualche lontana idea di ciò che voglio dire. Per esempio non molto tempo fa mi hai detto: «Ti ho sempre voluto bene, anche se in apparenza non mi sono comportato con te come gli altri padri, ma questo proprio perché non sono capace di fingere come gli altri».



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